
Una inedita inversione di tendenza che secondo le ricercatrici Emma Israel e Jeanne Batalova ha almeno quattro spiegazioni: il costo medio delle rette in continuo aumento; le procedure burocratiche per ottenere visti di studio inasprite quando si scoprì che uno degli attentatori delle Torri Gemelle era entrato negli USA grazie a un permesso di soggiorno per studenti; la competizione tra gli Stati globali per attirare i migliori cervelli dall’estero; il clima anti-immigrati foraggiato dall’amministrazione Trump. Il tutto condito dall’effetto pandemia che ha spinto o costretto anche migliaia di studenti stranieri già iscritti nelle accademie statunitensi a rientrare in patria dove è più economico e conveniente seguire la didattica a distanza.
È forse ancora presto per stabilire se tale calo di iscrizioni dall’estero sia una parentesi o un dato destinato a diventare strutturale. Di certo non è un buon segnale per un impero che ha fondato la sua grandezza su una formidabile capacità di attrarre per decenni the brightest and the best da ogni angolo del Pianeta. Curioso notare che in questo quadro non proprio confortante per gli USA, l’unica buona notizia arrivi dal suo attuale acerrimo rivale, la Cina. Pare, infatti, che nell’anno horribilis appena concluso, a differenza del resto degli studenti stranieri, quelli cinesi siano stati gli unici ad aumentare nelle Università americane, fino al punto da rappresentare il 35% del totale delle matricole che arrivano dall’estero.